Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Inspiegabile tragedia a Ponte Nossa, in provincia di Bergamo. La piccola si è accasciata mentre stava giocando. Nella stessa famiglia era già accaduto due anni fa al figlio maggiore
PONTE NOSSA (Bergamo) - Un dramma senza spiegazioni: una bambina di otto anni è morta mentre giocava con altri suoi coetanei in strada. Esattamente come, due anni fa, e nello stesso paese della Bergamasca, era accaduto al fratellino Andrea. Il fatto è avvenuto a Ponte Nossa. La bimba, Giorgia B., di Costa Volpino, si è accasciata a terra all' improvviso domenica sera, quando erano da poco passate le 20. Un malore repentino, che ha stroncato in pochi minuti la bambina. Niente hanno potuto fare i soccorritori del 118, immediatamente intervenuti.
ERA GIA' MORTO IL FRATELLINO DUE ANNI FA - La disgrazia ha impressionanti analogie con quanto accaduto due anni fa: nel 2002, sempre a Ponte Nossa, era morto il fratello maggiore di Giorgia, Andrea, di 9 anni. Il piccolo era su una giostra, insieme ad alcuni compagni di gioco, quando era stato colpito da un malore mortale. Anche in quel caso i soccorsi si erano rivelati vani. L'autopsia stabilì successivamente che a uccidere il bambino era stata una malformazione al cuore. Un'ipotesi che si riaffaccia anche per la sorellina. Adesso anche sul corpo della piccola Giorgia sarà effettuata un'autopsia: l'ha disposta il pubblico ministero del Tribunale di Bergamo Francesco Lentano. 20 dicembre 2004 - Corriere.it
NOTA DEL REDATTORE: questa triste storia accade in quel della verde Padania ed è chiarissimo segno di cultura. Francamente spero che il pm indaghi i genitori, perchè la loro trascuratezza è terribile!

Il mio modo di sentire il Presepe!
Auguri! Lu'
DEIANA (PRC): GIUSTIZIA, INACCETTABILE CHE PERSICHETTI SUBISCA LE INADEMPIENZE DELL’INTERPOL. INTERPELLANZA PRC AL MINISTRO PISANU
“Non ritiene grave la ragione del ritardo nella trasmissione delle informazioni richieste all’Interpol francese, considerate le pesanti conseguenze che il diniego può avere sul percorso di reinserimento sociale di Persichetti? Quali iniziative intende prendere per ottenere l’adempimento dei doveri d’ufficio dell’Interpol? – sono le domande poste da Graziella Mascia, Elettra Deiana, Giuliano Pisapia, Giovanni Russo Spena e Franco Giordano, deputati di Rifondazione Comunista, in una interpellanza urgente al Ministro dell’Interno in merito alla mancata concessione del permesso al detenuto Paolo Persichetti - A Persichetti, condannato per reati di terrorismo alla pena di 22 anni e sei mesi di reclusione con fine pena fissato nel settembre 2018, è stato negato il permesso premio previsto dall’articolo 30-ter della legge 354/75. Persichetti – spiega Deiana - ha espiato la pena minima per accedere ai permessi premio, ma nell’agosto 2004 il magistrato di sorveglianza ha rigettato la sua richiesta perché non risultano pervenute le informazioni richieste all’Interpol francese il 3 dicembre 2003 in ordine alla decennale permanenza del Persichetti in Francia. Paolo Persichetti, dopo che a dicembre il Tribunale di sorveglianza di Roma ha rigettato il reclamo diniego del giudice di sorveglianza, ha iniziato lo sciopero della fame, al fine di stigmatizzare una situazione a dir poco paradossale che vede l’ingiustificato ritardo nella trasmissione delle informazioni ripercuotersi nei suoi confronti. È inaccettabile – conclude Deiana, che si recherà domani in visita al carcere di Viterbo dove è recluso Paolo Persichetti - che una eventuale decisione del giudice possa essere paralizzata dal mancato adempimento di quanto richiesto da parte dell’Interpol francese.” Roma, 17 dicembre 2004
VIOLENZA SESSUALE: LAURA CIMA (VERDI), INDAGINE ISTAT SPIA DEL VALORE CHE HA LA DONNA NELLA NOSTRA SOCIETA’
“Più centri d’ascolto e consultori” “I dati drammatici che oggi l'Istat ha pubblicato sulla violenza sessuale alle donne, in Italia, insieme al recente scandalo che ha coinvolto il nostro Paese per il turismo sessuale in Brasile, sono la spia del valore che una parte consistente della nostra società dà alla donna. E il fatto che le donne siano per lo più tenute lontano da posti dirigenziali all'interno della vita politica e lavorativa è l'altra faccia della stesso problema". Lo ha dichiarato la deputata verde Laura Cima commentando l’indagine Istat su un campione di oltre 22mila donne, che rivela come più di mezzo milione di loro abbia subito uno stupro o un tentativo di stupro e ben 10 milioni, almeno una molestia sessuale. Cima chiede “più centri di ascolto e più consultori per le donne, più spazi dove conoscersi, confrontarsi e offrire sostegno a tutte le ragazze che non vogliono più sentirsi vittime. Questi dati - prosegue la deputata Verde – mostrano un volto inaccettabile dell'uomo italiano ancora succube di una cultura maschile imbevuta di violenza e di non rispetto che va combattuta a partire da campagne educative e culturali nelle scuole e nelle istituzioni. Un altro dato preoccupante: soltanto il 7,4 per cento delle vittime di uno stupro o di un tentato stupro ha denunciato il fatto e questo la dice lunga sulla fiducia che le donne hanno nelle istituzioni. 17.12.2004
Ben 674 decreti penali di condanna a pene pecuniarie sono in corso di consegna ai rispettivi proprietari fra le persone del Movimento dei movimenti italiano. Questa notizia è drammatica, ma che non si dica da nessuna parte che io non lo avevo detto. Alcuni leader movimentisti hanno giocato sulla disobbedienza e sulle vite dei giovani disobbedienti, mettendo in ginocchio quasi 700 famiglie. 151 avvisi furono notificati dalla Procura di Trento a seguito dell'auto denuncia a titolo personale di altrettante persone in occasione degli avvisi di Cosenza. Questi ultimi forse sono archiviati, ricordo di averne letto il testo e non conteneva nulla di particolare salvo l'aver pregio di ingolfare la Procura. Mi domando però quale sia stata la finalità politica e cosa ha dimostrato mai questo metodo. Perchè mai gestire con tanta superficialità l'emergenza sociale del vivere in una sorta di dittatura mediatica e tanto di governo di centro destra finanche guerrafondaio? Quale avvocato può aver pensato di lucrare da tale stato di cose? A quest'ultima domanda non posso rispondere perchè conosco prevalentemente civilisti e frequento solo i giuristi democratici romani. Però non posso evitarmi ne sensibilità, ne il fiuto abituale del cronista ed intuisco il marcio, lì, da qualche parte... E chi ci ha "giobbato" c'è, eccome ...
La commissione parlamentare d’inchiesta sui crimini nazifascisti denuncia Giuseppe Scandurra, procuratore generale presso la corte di Cassazione. Sua la proposta di legge che manda in galera inviati di guerra e ong Nuovi occultamenti Tra il 1994 e il 1998 ha occultato nuovamente i fascicoli sui crimini nazifascisti ritrovati durante il processo Priebke. Quasi tutti riguardavano le SS italiane
Sara Menafra Roma
Oltre a rappresentare il vertice della magistratura militare inquirente, Giuseppe Scandurra, procuratore capo della corte militare di Cassazione è il vero autore della legge delega per la riforma del riforma del codice militare di guerra, ovvero quel testo che prevede il carcere duro per i giornalisti che daranno informazioni sulle missioni militari e pene durissime per le Ong colpevoli di dare viveri al «nemico» iracheno e afghano. Ieri però la sua carriera, coronata dai complimenti del ministro della difesa Antonio Martino per il testo scritto, ha subito un piccolo incidente. Proprio mentre le commissioni difesa e giustizia della camera avviavano l’analisi del testo che darà poteri insperati alla magistratura militare, in un altro palazzo a cento passi da Montecitorio un’altra commissione parlamentare decideva di denunciare il magistrato.
La commissione d’inchiesta parlamentare sull’occultamento dei crimini nazifascisti, presieduta da Flavio Tanzilli dell’Udc, ha scoperto che dopo l’apertura dell’Armadio della vergogna nel 1994, il dottor Giuseppe Scandurra si è auto attribuito 202 fascicoli relativi soprattutto ai crimini compiuti dalle Ss italiane. Come anticipato da il manifesto, senza nessun mandato né competenza il magistrato ha gestito per anni alcune indagini sui crimini di ’50 anni fa evitando di avvisare la magistratura competente, salvo inviare nel 2002 i 54 fascicoli più «deludenti» alle procure interessate. In alcuni casi la sua indagine ha trovato fatti nuovi che avrebbero potuto portare a compimento processi lasciati in sospeso per tanti anni. Ma tutte le informazioni utili sono rimaste sul suo tavolo fino a ieri. Ora il magistrato, denunciato alla procura di Roma, potrebbe essere indagato per reati che vanno dal peculato, all’abuso di ufficio fino all’attentato contro organi costituzionali per aver ostacolato le attività della commissione.
Oggi Scandurra è l’autore del testo che potrebbe mandare alla corte marziale gli inviati di guerra, i pacifisti che «collaborano col nemico» e garantire l’impunità ai vertici dell’esercito (con la nuova legge sarà il ministro della difesa a dare l’autorizzazione a procedere). Ma i suoi colleghi della magistratura militare non nascondono che il suo curriculum è costellato di episodi inquietanti almeno come quello scoperto dalla commissione sui crimini nazifascisti.
Il caso più noto è l’intervento a difesa del generale Domenico Tria, l’alto ufficiale che si trovava a bordo di un’auto blu che nel 2001 causò un brutto tamponamento con 4 vittime sulla via del Mare vicino Roma. L’incidente all’epoca fece parecchio scalpore perché il generale disse di non aver visto nulla. E in quegli stessi giorni si scoprì che durante una indagine per peculato a carico di Tria, Scandurra aveva chiamato gli inquirenti con un tono definito «inopportuno» dal Consiglio militare che si occupò della vicenda. (*)
Negli ultimi anni le azioni del magistrato napoletano sono state messe sotto accusa più volte dal Csm militare. Scandurra ha fatto parte della commissione ristretta che dopo il ritrovamento dei fascicoli nazifascisti nel 1994 ha vagliato tutto il materiale - senza alcun mandato - decidendo cosa inviare ai magistrati competenti e cosa no. Alla fine del lavoro il consiglio ha inviato al Csm militare una relazione sul lavoro svolto. «Scandurra si presentò alla riunione proponendo una nuova versione del testo `con alcune leggere modifiche’ - racconta un magistrato militare che preferisce mantenere l’anonimato - in realtà aveva completamente cambiato il senso del documento in modo da escludere ogni responsabilità da parte dei vertici della magistratura militare». L’episodio ha causato una raffica di discussioni e polemiche tra i togati dell’esercito. Poi tutto è finito lì.
Nel 2002 il nuovo episodio «strano». Tra il 12 e il 25 luglio del 2002, il dottor Roberto Rosin ha inviato alle procure competenti cinquantaquattro fascicoli dei 202 occultati da Scandurra. I fascicoli erano talmente scarni da non dare vita ad alcuna indagine. Ma in seguito a quell’atto Giuseppe Rosin, membro del consiglio della magistratura militare, ha inviato un esposto al Consiglio militare. La discussione della Commissione affari generali del Consiglio è durata un anno e mezzo, ma al momento di votare una relazione di condanna dell’accaduto, in toni non troppo allarmanti, Scandurra ha chiesto alla commissione di fare ulteriori indagini bloccando tutto.
Commentando la denuncia arrivata ieri il senatore dei Ds Walter Vitali ha spiegato: «E’ in discussione la condotta dei massimi vertici della magistratura militare italiana. La mancata trasmissione nel 1994 degli incartamenti alle autorità giudiziarie competenti non ha trovato giustificazione alcuna nelle audizioni della Commissione parlamentare». E in effetti il rischio è che questa denuncia di una commissione sconosciuta ai più metta in serio pericolo il progetto del ministro Martino.
da il manifesto del 16 dicembre 2004.
(*Su questo specifico caso, in occasione del processo, pervenne a tutta la stampa una velina della Procura di Roma in merito al non menzionare alcuni atti vandalici subiti dall'auto del pm, la cui insistente e ripetitiva presenza nella gestione di casi che riguardano personaggi in divisa è più che nota e, a quanto pare, interpretando come trista eco dei fatti che attanagliano i più noti processi milanesi, vi si narra di persone scomparse per ore alla legalità in attesa dell'orario del suo turno).

Si ritrasmette il messaggio precedentemente inviato, nel quale era contenuto l'errore riguardante la votazione dell'emendamento soppressivo relativo all'intervento del Ministro.
Il Plenum ha approvato all'unanimità dei presenti (assenti Di Federico e Ventura Sarno) il documento qui di seguito trasmesso. E' stato approvato a maggioranza (UPC, MI e tutti i laici) un emendamento che ha eliminato dal testo il riferimento al ruolo svolto dal Ministro nella vicenda. Il testo eliminato era il seguente: "Va ricordato che lo stesso ministro della Giustizia, nell'immediatezza della pronuncia della sentenza, espresse solidarietà nei confronti degli imputati condannati, così come fecero vari esponenti politici che ricoprono alte cariche istituzionali della Repubblica. Il ministro ha poi commentato l'esibizione del cartello nell'aula della Camera dei deputati, ritenendola "una libera espressione del pensiero parlamentare"".
M. G. Civinini, L. Marini, F. Menditto, G. Salmè, G. Salvi
"In occasione della seduta per l'elezione di due giudici costituzionali, tenutasi il giorno 14 dicembre 2004 nell'aula della Camera dei Deputati, alcuni parlamentari hanno esposto nell'aula cartelli con la scritta "Papalia razzista e nazista". Tale iniziativa segue di pochi giorni la pronuncia ad opera del tribunale di Verona di una sentenza di condanna nei confronti di sei appartenenti al movimento politico "Lega Nord", accusati dalla procura della Repubblica diretta dal dott. Guido Papalia del reato di incitamento all'odio ed alla discriminazione razziale, che si ritiene commesso attraverso un'insistente e massiccia campagna di protesta per lo sgombero di un campo nomadi sito nel territorio veronese.
Le invettive nei confronti del dott. Papalia, e dell'ufficio di Procura da lui diretto, praticate attraverso l'uso di aggettivi, quali razzista e nazista, di valenza obiettivamente offensiva, tanto da determinare la formale deplorazione del Presidente della Camera, sono inaccettabili ed esigono che il Csm intervenga a tutela del prestigio del magistrato coinvolto, dell'ufficio giudiziario da lui diretto e più in generale della credibilità dell'istituzione giudiziaria.
L'intervento denigratorio nei confronti del dott. Papalia, infatti, è stato inscenato dopo la pronuncia di una sentenza e ciò rende palese che gli attacchi offensivi hanno avuto di mira l'intera funzione giudiziaria, inquirente e giudicante.
La particolare gravità dell'accaduto è acuita dal fatto che gli autori delle offese siano alti rappresentanti delle Istituzioni, e ciò espone a serio rischio il mantenimento della necessaria fiducia dei cittadini nella giurisdizione.
Il Csm non mette in dubbio che l'attività giudiziaria possa essere oggetto di critiche e che la critica dell'operato dei pubblici poteri, ivi compreso l'ordine giudiziario, rientri nell'esercizio della libertà di manifestazione del pensiero di ogni individuo e sia al contempo espressione del mandato parlamentare.
E però ancora una volta il Csm, nel prendere atto dell'iniziativa immediata ed esaustiva del Presidente della Camera, è costretto a ribadire che alla legittima espressione del diritto di critica, anche parlamentare, è del tutto estraneo l'uso di frasi capaci solo di sortire effetti delegittimanti per l'istituzione giudiziaria (vedi deliberazione del Csm del 16 gennaio 2002)
UNITA’ PER LA COSTITUZIONE

COLPITA AL CUORE LA RIFORMA
Il Presidente della Repubblica, svolgendo con grande indipendenza ed autorevolezza il suo ruolo di garante delle regole costituzionali, non ha promulgato la riforma dell’ordinamento giudiziario. E’ un bel giorno per lo Stato di diritto.
I suoi rilievi - che riguardano lo straripamento dei poteri del Ministro della Giustizia nell’ambito del merito della giurisdizione e delle attribuzioni proprie del CSM in tema di nomina di incarichi direttivi nonché lo svuotamento dei compiti tipici del CSM - sembrano colpire al cuore la filosofia della riforma che mirava ad una trasformazione di equilibrio fra i poteri dello Stato attraverso una legge ordinaria e non costituzionale.
Il Parlamento non potrà non tenere conto di tali osservazioni che presuppongono una diversa impostazione di cultura costituzionale.
Peraltro gli aspetti non censurati – quali la separazione di fatto delle carriere e la gerarchizzazione degli uffici di Procura- rimangono comunque sospetti di incostituzionalità posto che il margine di intervento riservato in fase di promulgazione di una legge al Capo dello Stato riguarda soltanto la valutazione di “manifesta incostituzionalità”. Numerose sono infatti le norme che - seppure promulgate - risultano successivamente oggetto di censura da parte della Corte Costituzionale.
Unità per la Costituzione rivendica con soddisfazione come la linea di forte difesa dei valori giuridici fondamentali perseguita dall’ANM, attraverso comportamenti sempre istituzionalmente continenti (tale deve essere considerato lo sciopero) che hanno prodotto una opposizione culturale dell’intera scienza giuridica - soprattutto costituzionale -, abbia rappresentato un momento di testimonianza ragionata e auspica che si possa costruire una nuova fase di dialogo nella quale il Parlamento riscriva una riforma finalmente condivisa e non punitiva per la magistratura. Nell’interesse dei cittadini e del patto democratico. Roma 16/12/2004
Fabio Roia Segretario Generale
SPM 16-DIC-04 14:56 NNNN
GIUSTIZIA: RINVIO; ANM, ORA PARLAMENTO MIGLIORI RIFORMA PESSIMA CIAMPI EVIDENZIA INCOSTITUZIONALITA' GIA' DA NOI SEGNALATE
(ANSA) - ROMA, 16 DIC - ''La decisione del capo dello Stato conferma la grande attenzione con cui il Quirinale ha seguito la riforma della giustizia. Auspico vivamente che questo rinvio venga colto dal Parlamento per procedere a un profondo esame della legge e per migliorare una riforma che al momento appare pessima''. E' il primo commento che viene dall'Associazione Nazionale Magistrati alla decisione di Ciampi di rinviare alle Camere la riforma dell'ordinamento giudiziario. A esprimerlo e' il vice presidente Piero Martello che dice: ''come Associazione abbiamo atteso fiduciosamente il sereno giudizio del capo dello Stato, che evidenzia aspetti di incostituzionalita' gia' a suo tempo segnalati dall'Anm''. (ANSA).
FH 16-DIC-04 15:01 NNNN
Associazione Nazionale Magistrati

Il Presidente della Repubblica ha rinviato alle Camere la legge sull'ordinamento giudiziario con un importante messaggio che segnala la palese incostituzionalità di disposizioni che riguardano la menomazione delle attribuzioni del Consiglio Superiore della Magistratura e i nuovi poteri che sarebbero stati attributi al Ministro della Giustizia. La linea guida del messaggio presidenziale è la tutela della indipendenza dei magistrati, pm e giudici, nei confronti dell'esecutivo e la salvaguardia delle attribuzioni che la Costituzione riserva al Consiglio Superiore della Magistratura quale organo garante di quella indipendenza.
Le preoccupazioni ed i rilievi avanzati dalla dottrina giuridica, dagli operatori della giustizia e dalla Associazione Nazionale Magistrati erano dunque fondati. Le Camere potranno ora rivedere la legge sulla base dei rilievi contenuti nel messaggio presidenziale. Vi è da auspicare che il nuovo esame parlamentare si misuri anche con le osservazioni dei più autorevoli costituzionalisti sulla incostituzionalità di impianto della riforma; questione aperta che non poteva essere oggetto dell'intervento che l'art. 74 della Costituzione attribuisce al Presidente della Repubblica nella fase della promulgazione delle leggi limitatamente ai rilievi di palese incostituzionalità. Il controllo successivo è attribuito alla Corte Costituzionale, ma in una materia così delicata come quella dell'ordinamento giudiziario tutti i profili di incostituzionalità dovrebbero essere presi attentamente in considerazione nel corso dell'esame parlamentare.
Roma, 16 dicembre 2004 La Giunta Esecutiva Centrale

IL RINVIO DELLA CONTRORIFORMA DELL'ORDINAMENTO GIUDIZIARIO ALLE CAMERE
Siamo ancora in uno Stato di diritto. Abbiamo ancora una Costituzione. Abbiamo un Presidente della Repubblica. Si ha la più autorevole conferma che le nostre osservazioni sui profili di incostituzionalità, i nostri allarmi, le nostre mobilitaziooni erano più che giustificate. La riforma era ed è pessima, con profili di incostituzionalità palesi e con profili di incostituzionalità che si potrebbero rivelare solo alla prima attuazione. In ogni caso rappresenterebbe la risposta sbagliata ai mali della giustizia. Ora va cambiata strada.
Milano, 16 dicembre 2004 Claudio Castelli Segretario nazionale di Magistratura Democratica
I MOTIVI DEL RINVIO ALLE CAMERE
I motivi che sostengono il rinvio alle Camere della controriforma da parte del Presidente della Repubblica a quanto appreso sono i seguenti:
1) l'art. 2 comma 31 lett.a) nella parte in cui prevede che il Ministro della Giustizia renda comunicazioni annuali alle Camere sull'amministrazione della giustizia. 2) L'art.2 comma 14 lett.c) nella parte in cui prevede l'istituzione presso ogni direzione generale dell'ufficio per il monitoraggio dell'esito dei procedimenti; 3) L'art.1 comma 1 lett.m) nella parte in cui attribuisce al Guardasigilli a facoltà di ricorrere dinanzi al TAR contro le delibere consiliari di conferimento degli incarichi direttivi adottati in contrasto con il concerto; 4) La menomazione dei poteri del CSM, con riferimento all'art.105 Costituzione, risultante dal disposto dell'art.2 comma 1 lett. f), numeri 3.1. e 3.2 riguardo all'assegnazione dei posti a seguito di apposito corso di studi ed esami; ed anche i numeri 4.1, 4.2, 7.1, 7.2, 9,1, 9.2 della lettera l); le modalità di passaggio di funzioni e l'accesso alle funzioni direttive.
L'ultimo rilievo mette chiaramente in discussione l'impianto stesso del disegno di legge e tutto il sistema dei concorsi.
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