Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Associazione Nazionale Magistrati

Approvata dal Senato la contro-riforma dell'ordinamento giudiziario
E' una giornata triste per la giustizia e per il Paese. Il Senato, sostanzialmente senza alcuna discussione, approva una pessima contro-riforma dell'ordinamento giudiziario per larghi versi incostituzionali e inapplicabile, che non risponde ai rilievi del Capo dello Stato e che provocherà gravissimi danni all'organizzazione giudiziaria, impedirà il regolare funzionamento dell'autogoverno, diminuirà l'indipendenza, interna ed esterna della magistratura, contribuirà ad una ulteriore dilatazione dei tempi dei processi, inciderà sulla vita professionale quotidiana dei magistrati. I profili di ingestibilità della contro-riforma, inutilmente denunciati dall'Associazione, provocheranno una sostanziale paralisi dell'apparato giudiziario.
Il diritto dei cittadini ad una giustizia rapida, efficiente e indipendente viene ulteriormente compromesso. Il Paese ha bisogno di riforme che rendano ragionevole la durata dei processi, per la tutela dei diritti di ciascuno.
L'A.N.M. auspica che la Camera dei deputati voglia approfondire i temi che la magistratura e la cultura giuridica hanno posto, anche nelle recente Manifestazione del 25 giugno scorso, ed esaminare le proposte che l'Associazione ha formulato per ciascuno dei punti toccati dalla riforma, facendo prevalere l'esigenza di un esame sereno e completo del progetto di legge, che è mancato nei lavori del Senato.
La Giunta Esecutiva Centrale, in adempimento del mandato ricevuto dal C.D.C. procede agli adempimenti formali per la indizione dell'astensione dall'attività giudiziaria dei magistrati per la giornata del 14 luglio 2005. In tal modo la magistratura italiana intende esprimere il dissenso più fermo e la protesta più netta per il contenuto della proposta di contro-riforma e per il metodo adottato nell'approvarla.
Roma, 28 giugno 2005. La Giunta Esecutiva Centrale
Associazione Nazionale Magistrati

MOVIMENTO PER LA GIUSTIZIA
L'approvazione al Senato della "controriforma" dell'Ordinamento giudiziario segna un momento triste non solo per i magistrati ma anche per i cittadini,ai quali viene ancora una volta negata una riforma che realmente contribuisca a migliorare il funzionamento della giustizia.
Si tratta di una legge ispirata alla volontà di consumare ritorsioni nei confronti della magistratura,colpevole solo di aver fatto il proprio dovere,di voler amministrare una giustizia eguale per tutti,senza distinzioni di censo,di potere o di ruolo politico.
E invece nulla questo Governo ha fatto per affrontare i veri problemi del funzionamento della giustizia,per fornire ai cittadini un servizio giustizia veloce ed efficiente.
Anche in questa fase parlamentare si sono registrate forzature e compressioni nel dibattito,con un sostanziale rifiuto della maggioranza di affrontare con ponderazione una materia di fondamentale importanza,e con la volontà di giungere all'approvazione a tutti i costi.,senza non tener conto delle proposte migliorative che da tutte le parti sono giunte.
Si è approvata una legge che non tiene conto delle critiche motivate dei magistrati,degli avvocati,dei docenti universitari,della dottrina giuridica.
E nemmeno risponde compiutamente ai rilievi formulati dal Capo dello Stato,con il messaggio di rinvio alle Camere,in relazione ai palesi profili di incostituzionalità.
Continuiamo a sperare che il successivo esame alla Camera dei Deputati fornisca l'occasione per un esame effettivamente meditato e ispirato alla volontà di fare una buona legge nell'interesse della collettività.
Il Movimento per la Giustizia conferma l'impegno affinchè il dissenso diffuso fra tutti i magistrati si esprima nel modo più fermo ed evidente con l'astensione dalle udienze proclamata dall'ANM per il 14 luglio prossimo.
Piero Martello Presidente del Movimento per la Giustizia
SCHEDA INFORMATIVA.
Il MOVIMENTO PER LA GIUSTIZIA è uno dei gruppi che compongono l’ANM.
Fondato nel 1988 su iniziativa, fra gli altri, di Giovanni Falcone, Calogero, Spataro, Tamburino, Zagrebelsky, Almerighi, Di Nicola, Nannucci, si è successivamente unito al gruppo di “Proposta ‘88” (tra i fondatori: Rachelie Amatucci). Attualmente raccoglie il consenso e il voto del 15% dei magistrati italiani e ciò gli ha consentito di esprimere 3 componenti del CSM, 5 componenti del CDC dell’ANM e un alto numero di membri dei Consigli giudiziari nelle Corti d’Appello. Piero MARTELLO, Presidente Nino CONDORELLI, Segretario Generale
Sciopero toghe: Bobbio, li denuncio Interruzione pubblico servizio, scommetto su archiviazione (ANSA)-ROMA,27 GIU- Luigi Bobbio (An), relatore al Senato sulla riforma dell'ordinamento giudiziario, si scaglia contro lo sciopero dei magistrati del 14 luglio. E avverte che e' pronto a contrastare una scelta 'demagogica, illegittima e incostituzionale' denunciando gli scioperanti per interruzione di pubblico servizio. Ma si dice altrettanto pronto a scommettere che la denuncia verra' archiviata 'a conferma del fatto che la magistratura e' un ordine autoreferente mai disposto a mettersi in discussione'.
Nota del redattore: considerato che Bobbio è un ex pm della procura di Napoli, cresciuto sotto l'ala di Cordova, non ci sono parole.
A Roma si è tenuta una partecipata assemblea dell'ANM (tenuto conto dei tempi ristrettissimi nei quali è stato necessario organizzarla). Di Seguito il documento approvato all'unanimità dall'assemblea.

L'ASSEMBLEA A.N.M. DEL DISTRETTO DI ROMA
riunita il 23.6.05 presso l'aula magna della Corte di appello civile di Roma ha approvato all'unanimità il seguente
DOCUMENTO
- Una normativa minata da palesi illegittimità costituzionali (tanto da essere bocciata dal Capo dello Stato) viene riproposta, sostanzialmente immutata, in Senato.
- Va respinta la filosofia di fondo di chi vuole una Magistratura strutturata per gradi "da scalare", stimolando i magistrati non già a un miglioramento professionale in relazione alle funzioni svolte bensì solo ad un'esasperata progressione di carriera, sottovalutando l'apporto e l'abnegazione del Giudice di primo grado (pilastro dell'istituzione giudiziaria), costretto a preparare i concorsi anziché rispondere alla domanda di giustizia dei cittadini.
- Va stigmatizzata la mortificazione del ruolo del C.S.M., sostanzialmente esautorato del compito di valutazione dei magistrati.
- È inaccettabile, inoltre, il perseverare in una procedura di approvazione della legge per maxi articoli che preclude la possibilità di confronto tra le forze politiche su specifici punti della materia trattata, al solo scopo di contingentare i tempi di approvazione, di evitare il dibattito e conseguentemente una seria riflessione da parte dell'opinione pubblica sulle conseguenze delle norme in via di approvazione.
PERTANTO
Preso atto della deprecata mancanza di volontà di dialogo da parte dell'attuale maggioranza parlamentare e dell'uso di metodi che non consentono un'adeguata informazione dell'opinione pubblica, l'Assemblea dei magistrati del distretto di Roma propone agli organismi centrali dell'A.N.M. di adottare tutte le più incisive e visibili forme di protesta possibili, nessuna esclusa, con particolare riferimento all'astensione dalle udienze. Propone, inoltre, di promuovere iniziative idonee a coinvolgere l'Avvocatura, l'Accademia, il Personale amministrativo del Ministero della giustizia e le aggregazioni della Società civile, iniziative indispensabili per fare comprendere che la magistratura tutta non è estranea ai reali problemi del Paese.
L'ASSEMBLEA DELL'A.N.M. DEL DISTRETTO DI ROMA
SI SOTTOLINEA CHE L'ADESIONE E' RISERVATA ALLE SOLE PERSONALITA' ESTERNE ALLA MAGISTRATURA _____
Associazione Nazionale Magistrati
Adesioni al manifesto sulla contro-riforma dell'ordinamento giudiziario Gli accademici e gli esponenti della cultura giuridica che intendano aderire al manifesto per la Manifestazione nazionale di Roma del 25 giugno 2005 sull'ordinamento giudiziario, possono farlo mandando un fax, indicando nome e qualifica. L'adesione potrà pervenire anche dopo la Manifestazione, e l'A.N.M. ne darà notizia nei consueti modi.
Roma, 22 giugno 2005. La Giunta Esecutiva Centrale
Associazione Nazionale Magistrati

IL CDC DELL’ANM PROCLAMA LO SCIOPERO DEI MAGISTRATI ITALIANI PER IL 14 LUGLIO 2005
I lavori parlamentari sull’ordinamento giudiziario stanno proseguendo in questi giorni al Senato di fatto senza discussione alcuna e in mancanza di un adeguato esame di temi che incidono sull'esercizio della giurisdizione e sulle garanzie per i cittadini.
Sul contenuto della riforma, in quattro anni, non si è mai realmente discusso, essendosi proceduto con blindature, maxi-emendamenti, voti di fiducia e contingentamento dei tempi, come in occasione della discussione in Senato, nella quale è stata operata la scelta di costringere il dibattito parlamentare negli angusti limiti di “otto ore di lavori” .
Non sono stati esaminati gli aspetti di incostituzionalità e di ingestibilità segnalati dall’Associazione e dalla cultura giuridica.
Non si è tenuto conto dei rilievi formulati dal Presidente della Repubblica nel suo messaggio alle Camere.
E’ stato respinto, oltre a quelli presentati dall’opposizione, anche un emendamento che proveniva da esponenti della stessa maggioranza e che rispondeva ad uno dei rilievi del Capo dello Stato.
L’ANM
Esprime la fortissima preoccupazione per una così grave rottura degli equilibri costituzionali.
Ribadisce la propria ferma contrarietà ad una pessima legge che, al di là degli intenti chiaramente punitivi dei suoi promotori, non risolve uno solo dei problemi che affliggono la giustizia, nessun beneficio porterà ai cittadini ed anzi provocherà gravissime e immediate disfunzioni nell’organizzazione giudiziaria.
IL COMITATO DIRETTIVO CENTRALE
all’esito dell’assemblea nazionale svoltasi oggi 25 giugno con la partecipazione di oltre trecento magistrati in rappresentanza di tutte le sedi giudiziarie italiane,
PROCLAMA
l’astensione dall’attività giudiziaria per il giorno 14 luglio 2005;
DÀ MANDATO
alla Giunta esecutiva di procedere agli adempimenti formali ed al preavviso tenuto conto dell’evoluzione dell’iter parlamentare in Senato.
Roma, 25 giugno 2005
Approvato all’unanimità
La mitica procura di Milano ha emesso ordine di arresto per 13 agenti della Cia operativi in Italia e non solo: gli ha confiscato computer, dischetti e altri documenti.
BRAVI!!!!!!!!!!!!!
THE WORLD Italy Orders Arrest of 13 CIA Operatives Prosecutors accuse the Americans of taking part in a kidnapping: the 'extraordinary rendition' of a terrorism suspect to Egypt. By Tracy Wilkinson Times Staff Writer
June 25, 2005
MILAN, Italy — An Italian judge has ordered the arrest of a group of CIA operatives who investigators believe kidnapped a radical Egyptian imam from the streets of Milan and bundled him off to Cairo, where he said he was tortured.
As part of the inquiry, Italian police Thursday night raided the Italian home of an American man identified in arrest warrants as the former CIA station chief here and confiscated a computer, disks and documents, judicial sources said.
The warrants name 13 American operatives from a group of 19 men and women who authorities here believe pursued and then snatched Hassan Osama Nasr, a radical cleric better known as Abu Omar, nearly 2 1/2 years ago. Officials, who announced Friday that warrants had been issued, said none of the operatives were in Italy any longer and that no one was taken into custody.
The Abu Omar case appears to be an example of an "extraordinary rendition," a controversial practice employed by U.S. authorities against suspected terrorists with increasing frequency since the Sept. 11 attacks. U.S. counter-terrorism operatives seize and transport a suspect in one foreign country to another without seeking court permission. Human rights organizations say treatment of the suspect in the destination country can be brutal.
Italy is one of three European countries, along with Sweden and Germany, that are examining alleged renditions on their soil. It is rare for a country friendly to the United States to attempt to prosecute its secret agents.
The suspected agents were identified, with names and addresses, through cellular phone records and hotel and rental car receipts amassed from the weeks they were in Milan preparing and executing the operation, three officials said in interviews during the last several days.
"We will be asking for judicial assistance from both Egyptian and … U.S. authorities," Milan's top prosecutor, Manlio Claudio Minale, said in announcing the arrest orders.
Another leading prosecutor, Armando Spataro, opened the Italian investigation this year and sought and secured the arrest warrants. "I think it's nearly impossible to arrest anyone," Spataro said in an interview. "The important thing is to get to the truth."
He said he hoped to be able to ask for the extradition of the operatives and to take depositions from witnesses in the U.S.
It was not clear to what extent the U.S. operation was approved by the government of Prime Minister Silvio Berlusconi, a staunch ally, Italian sources said. But the Italian judiciary frequently acts independently, and government approval of the operation would not necessarily have stopped prosecutors from pursuing the case.
The U.S. Embassy in Rome and the State Department declined to comment on the case Friday. Adam Ereli, a State Department spokesman, said the government would not comment in the future on any aspect of the case. The CIA has defended extraordinary renditions, saying it receives assurances from the destination countries that the suspects will be treated well.
Several U.S. officials said the case was extraordinarily sensitive, given Washington's close working relationship with Italy on many issues. One former U.S. intelligence official said that the prospect of Italy issuing arrest warrants had been discussed privately within the CIA for months, and that agency officials in Italy were told six months ago to clear out in anticipation of possible legal action.
A current U.S. official, who spoke on condition of anonymity, said the Italian warrants would probably be considered valid by Europol, the European Union police agency, meaning that the operatives could be arrested anywhere on the continent.
"We have a very solid case," a senior Italian justice official said.
"I realize this won't change U.S. policy, but it will be embarrassing, at the least," said another Italian law enforcement official familiar with the case.
Details of the Abu Omar case were first reported in the Los Angeles Times on March 3. Spataro requested arrest warrants March 22, and Judge Chiara Nobile issued them late Thursday.
The abduction of Abu Omar forced Italian authorities to abort an extensive case they were building against him. His arrest had been imminent, they said, and formal charges against him are pending.
Italian authorities suspected Abu Omar of helping to build a terrorist network in Europe, of recruiting volunteers to fight in Iraq on the eve of the U.S. invasion and of possibly plotting a bombing. He was a veteran of wars in Bosnia-Herzegovina and Afghanistan and was using his pulpit in Milan to raise money in the name of jihad, or holy war, Italian officials said, citing information from wiretaps, including one at a mosque where he preached.
According to court papers, he was recorded in numerous conversations with other terrorism suspects who have since been prosecuted. In one, he is heard praising a man later accused of recruiting suicide bombers for his success in reaching out to "the youth."
Abu Omar's disappearance angered several officials who thought they had always cooperated fully with U.S. anti-terrorism efforts, only to be trampled on in this operation.
"Kidnapping Abu Omar was not only a crime against the state of Italy, but also it did great damage to the war on terrorism," said Spataro, the prosecutor. "We could have continued the investigation and found evidence on other people. He would be on trial by now instead of missing."
As part of the investigation into the abduction, Italian law enforcement officials put together an extensive dossier on the team of men and women who they said spent several days tracking Abu Omar and then intercepted him as he walked to Milan's Viale Jenner mosque on Feb. 17, 2003. The operatives surrounded and subdued him, then shoved him into a minivan and sped away, witnesses have told investigators.
The group that captured Abu Omar numbered 13, and six other men and women were involved in surveillance and setting up the abduction, law enforcement officials said. All 19 were American, and many if not all were thought to be CIA agents, the officials said.
Although Spataro asked for the arrest of all 19, Nobile only approved warrants for the 13 allegedly involved in the actual abduction. The prosecutor said he might appeal the decision on the other six.
By tracing the operatives' traffic on up to 17 cellular phones and putting together credit card receipts for rental cars, hotels and restaurants, Italian investigators were able to reconstruct the their movements, prosecutors said. They compiled first and last names for the Americans, poor-quality photographs from copies of driver's licenses, and some addresses and U.S. phone numbers.
The officials acknowledged that many of the names and much of the information may be false. But one name was very familiar to them: The then-station chief of the CIA in Milan, an agent with whom senior Italian police officials had frequently worked and socialized. The official had held a consular position at the U.S. mission in Milan.
Police on Thursday raided a home of the American near Turin, seizing papers and a computer. Judicial sources said that the man had left U.S. government service and was outside Italy but that his wife was at home.
The people who spirited Abu Omar away took him to the American side of the joint U.S.-Italian Aviano Air Base, Italian prosecutors said. He was then flown in a CIA-contracted Learjet to the U.S. Ramstein Air Base in Germany, where they transferred him to a Gulfstream executive jet for the last leg of the journey, to Cairo, they said.
Some of the cellphone calls tracked by the Italians were made by the operatives to Aviano, they said.
Once in Cairo, Abu Omar later told associates, he was put in prison, beaten and given electrical shocks on his genitals. Italian investigators said they found those claims credible.
Within a few weeks of the imam's disappearance, Italian police asked U.S. officials for information on his whereabouts and were told he was in a Balkan country, the prosecutor's office said.
The following year, Abu Omar was released and telephoned his wife in Milan. Italian investigators had not stopped their wiretapping of his home and were then able to learn where he was.
They quoted him as saying he had been released because of his deteriorated physical condition.
"He had been detained for a long time and had undergone physical violence to make him respond to his interrogators' questions," the prosecutors' office said.
Egyptian police quickly rearrested him, Italian officials said. His location and condition today are unclear.
Most experts, including former intelligence officers, said it was unlikely that the CIA would mount such an operation without some level of approval from the host nation.
Berlusconi considers himself the most loyal supporter of the Iraq war among leaders in continental Europe.
"It is impossible that they did this without Italian cooperation, but we found no evidence," an Italian law enforcement official said.
Leftist political parties that oppose Berlusconi's right-wing government have been especially vocal in demanding to know more about the case and whether the prime minister approved the abduction. They renewed those calls Friday.
"I repudiate the silence of the Italian government," said Sen. Tana de Zulueta, adding that repeated inquiries to the foreign minister, justice ministry and prime minister's office had gone unanswered.
Berlusconi has not commented on the case.
Ties between Italy and the U.S. were already strained over the killing in Iraq of a senior Italian intelligence officer by American troops who fired on his car as he escorted a freed Italian hostage to safety. U.S. authorities judged the shooting a mistake.
Attempts to prosecute U.S. intelligence agents "will create quite a diplomatic headache," Zulueta said.
Times staff writers Josh Meyer in Washington and Sebastian Rotella in Paris contributed to this report.
http://www.latimes.com/news/nationworld/world/la-fg-cia25jun25,0,6973521.story?track=tottext
"No alla riforma della giustizia" Toghe in sciopero il 14 luglio
ROMA - Sciopero delle toghe il 14 luglio contro la riforma dell'ordinamento giudiziario. La protesta, nell' aria da giorni, è stata decisa dal comitato direttivo centrale dell' Anm riunitasi dopo la manifestazione nazionale nella sede della Cassazione. "La scelta di scioperare è un momento di grande responsabilità e di amarezza - sottolinea il presidente dell'Associazione nazionale magistrati Ciro Riviezzo - lo sciopero è un atto estremo, ma noi non perdiamo mai la speranza che dal Parlamento arrivino parole di buonsenso". (Repubblica News24h 2005-06-25 17:13:40)
ASSOCIAZIONE NAZIONALE MAGISTRATI

La contro-riforma dell’ordinamento giudiziario all’esame del Parlamento è in radicale contrasto con la Costituzione, non è stata neppure adeguata ai rilievi di “palese incostituzionalità” del Capo dello Stato, creerà gravissime disfunzioni nell’organizzazione giudiziaria ed inciderà pesantemente sull’indipendenza di ciascun magistrato e sulla sua quotidiana vita professionale. E inoltre non concorrerà a diminuire di un sol giorno i tempi dei processi.
MANIFESTAZIONE NAZIONALE DEI MAGISTRATI ITALIANI SULL’ORDINAMENTO GIUDIZIARIO ROMA - AULA MAGNA DELLA CORTE DI CASSAZIONE
SABATO 25 GIUGNO 2005, ORE 10
Parteciperanno: Francesco Paolo Casavola, Mauro Catenacci, Sergio Chiarloni, Giorgio Costantino, Emilio Dolcini, Leopoldo Elia, Paolo Ferrua, Giovanni Fiandaca, Glauco Giostra, Carlo Federico Grosso, Giulio Illuminati, Giorgio Marinucci, Renzo Orlandi, Alessandro Pace, Vincenzo Scordamaglia, Delfino Siracusano, Giuseppe Verde.
Associazione Nazionale Magistrati Sezione della Cassazione

L’Assemblea della Sezione Cassazione dell’Associazione Nazionale Magistrati, riunita in Roma il 23 giugno 2005, ha approvato all’unanimità dopo ampia discussione e a seguito di alcuni emendamenti il seguente documento proposto dalla Giunta della Sezione quale contributo per l’Asseblea generale dell’Associazione del 25 giugno 2005:
1. Il Senato sta discutendo il testo della legge delega sulla riforma dell’ordinamento giudiziario. Si tratta di un atto normativo di grandissimo rilievo costituzionale, poiché la proposta tocca tutti i punti nevralgici dell’ordinamento giurisdizionale. Appare quindi evidente quale debba essere il livello di attenzione e di partecipazione che il Parlamento è chiamato a dispiegare per una simile elaborazione legislativa, data anche l’estrema complessità delle soluzioni normative che vi vengono delineate. La delicatezza dello scrutinio parlamentare è poi drammaticamente accentuata dal fatto che esso avviene dopo che il testo è stato rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica per una nuova deliberazione, con un messaggio nel quale Presidente della Repubblica denunziava “motivi di palese incostituzionalità” nel disegno che le Camere avevano già approvato.
E’ quindi motivo di sconcerto e di allarme – allarme per la salvaguardia di quei fondamentali principi di correttezza costituzionale che garantiscono garantisce il sistema politico istituzionale dal rischio di fenomeni degenerativi - constatare che i lavori parlamentari si svolgono in un clima di concitazione e di completa chiusura al confronto: al confronto interno all’istituzione parlamentare, ma anche al confronto con l’esterno ed in particolare con la cultura giuridica, mentre sembra ormai irremovibile il rifiuto di dare qualunque ascolto alla voce della magistratura. Chiamato ad emendare un testo di riforma di grande rilievo costituzionale e di estrema complessità per espungerne le incostituzionalità gravi e palesi – ma anche, possibilmente, quelle meno eclatanti - era legittimo aspettarsi che il Parlamento avrebbe dedicato ad un simile compito tempi e impegno adeguati. Così non è stato ed il soffocamento della discussione appare ancor più grave se si considera che il testo è rimasto strutturato nel modo assurdo e incomprensibile denunziato dal Presidente della Repubblica, tale da porsi già di per sé in contrasto con “la ratio delle norme costituzionali che disciplinano il procedimento legislativo e segnatamente con l’articolo 72 della Costituzione, secondo cui ogni legge deve essere approvata articolo per articolo e con votazione finale”.
2. Restano ferme, nei confronti del testo emendato del disegno di legge delega sulla riforma dell’ordinamento giudiziario, tutte le critiche che al testo originario sono state rivolte – sul piano della costituzionalità, sul piano della razionalità ed anche sul piano della semplice ragionevolezza – dalla magistratura associata, dal Consiglio Superiore della Magistratura, dalla parte prevalente della cultura giuridica.
In particolare resta fermo - e deve essere con chiarezza ribadito; a) che il vero, grande problema del nostro sistema di giustizia è quello dell’efficienza, che si manifesta nell’intollerabile durata dei nostri processi civili e penali; b) che è quindi evidente la necessità di dare priorità assoluta a questo problema, magari con misure drastiche, con cambiamenti anche non graditi a magistrati e avvocati ma tutti chiaramente orientati a soddisfare l’esigenza dei cittadini di avere una giustizia più rapida; c) che nel disegno di legge delega non vi è neppure una norma, neppure un singolo comma, che introduca una sia pur modesta misura di efficienza. Dell’interesse pubblico – incontestabile e da tutti condiviso – ad avere processi meno lenti, meno cavillosi, più chiari e più efficienti – in altre parole, più giusti - questa riforma non intende occuparsi, quasi che fossero altri gli obiettivi più importanti ed urgenti da perseguire.
Resta anche fermo – e deve ugualmente essere ribadito con chiarezza – il giudizio di assurdità e di concreta impraticabilità formulato da tutti i commentatori riguardo ad un sistema che determina una “esasperata frammentazione dei magistrati in quindici diverse funzioni, dieci livelli di inquadramento di grado, tredici tipi di concorsi e sei diverse composizioni delle commissioni” e che, nella sua imbarazzante macchinosità, non solo riuscirà inattuabile, ma, ove mai attuato, implicherebbe una partecipazione dei singoli magistrati a procedure concorsuali potenzialmente così frequente da determinare una drastica riduzione del tempo impiegato nell’esercizio della funzione giudiziaria.
3. Gli elementi incostituzionalità della controriforma non sono stati affatto superati dalle correzioni apportate al testo rinviato alle Camere. Alcuni di essi sono stati forse resi meno palesi, ma questo non basta perché possa ritenersi adempiuto il dovere di rispettare la costituzione e di dare ad essa lealmente attuazione nella misura più ampia e più profonda.
Al di là dell’incostituzionalità di molte delle singole specifiche norme del disegno di legge di riforma dell’ordinamento giudiziario, quella che più si evidenziava in esso era la contrarietà del disegno complessivo delineato dalla controriforma rispetto al disegno delineato dalla Costituzione.
Il disegno costituzionale è quello di affidare il governo della magistratura al Consiglio superiore della magistratura, e cioè ad un organo eletto prevalentemente dagli stessi magistrati, al quale la Costituzione attribuisce la funzione di esprimere e di attuare l’autonomia dell’ordine giudiziario.
E’ affermazione comune, nella giurisprudenza costituzionale, nella letteratura costituzionalistica e nella convinzione unanime della magistratura, che l’esistenza del Consiglio superiore della magistratura e l’attribuzione a tale organo delle funzioni di governo della magistratura siano il vero baluardo dell’indipendenza dell’istituzione giudiziaria e dei singoli magistrati e quindi la garanzia essenziale dell’imparzialità del sistema di giustizia, sia nel suo insieme, sia con riferimento a ciascun giudice e a ciascun processo.
La previsione costituzionale di un organo di tal genere e la funzione cui esso risponde nel disegno costituzionale implica logicamente che alla sua competenza esclusiva siano attribuite – senza possibilità di interferenze e di condizionamenti dall’esterno – tutte le funzioni che direttamente o indirettamente possano incidere sullo status dei magistrati e quindi condizionare la loro indipendenza e tutte quelle che parimenti compongono la funzione di governo dell’amministrazione della giurisdizione.
Ora, il dato significativo del disegno di legge in esame è costituito dal numero davvero impressionante, dalla sistematica univocità, dalla precisa concordanza delle innovazioni dirette a togliere, ridurre, limitare o neutralizzare le funzioni del Consiglio superiore della magistratura. E’ appunto il numero, la gravità e l’univoca concordanza di questi elementi a far comprendere qual è la complessiva ragione ispiratrice di fondo - peraltro neppure nascosta ed anzi più volte dichiarata – che questa riforma è diretta ed idonea a realizzare. L’intento complessivo è quello di ridurre e/o neutralizzare o condizionare il ruolo del Consiglio superiore della magistratura nel governo della magistratura e dei magistrati. Ma è proprio questa funzione della riforma ciò che la pone in radicale contrasto con il dettato costituzionale. Guardando all’insieme della riforma e non solo ai suoi singoli segmenti risulta ben chiaro che essa delinea un disegno dell’istituzione giudiziaria confliggente rispetto al modello che per essa la costituzione ha imposto al legislatore di seguire , quando gli ha affidato il compito, fino ad ora inadempiuto, di emanare “una nuova legge sull’ordinamento giudiziario in conformità alla Costituzione”.
Lo stesso può dirsi per il principio di uguaglianza dei magistrati stabilito dall’articolo 107 terzo comma della Costituzione che ha trovato attuazione nel tempo mediante la tendenziale abolizione della “carriera”.
Lo stesso vale per la concezione del potere giudiziario come potere diviso e diffuso, che viene cancellata con il ripristino di un assetto strettamente gerarchico nelle Procure della Repubblica.
Lo stesso vale per la separazione delle carriere attuata tra magistrati giudicanti e magistrati del pubblico ministero in modo surrettizio ma comunque in contrasto con la Costituzione, che attribuisce indistintamente la funzione giurisdizionale ai magistrati – senza differenziare tra giudici e pubblici ministeri (articolo 102, primo comma); che considera giudici e pubblici ministeri come componenti di un unico ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere (articolo 104); quali elettori dell’unico Consiglio superiore della magistratura e quali componenti di esso (articolo 104 commi secondo e seguenti); che assoggetta giudici e pubblici ministeri esclusivamente ai poteri del Consiglio superiore della magistratura per tutto ciò che riguarda il loro status (articolo 105); che per entrambi stabilisce la nomina esclusivamente per concorso (articolo 106, primo comma), nonché l’inamovibili e la distinguibilità solo per funzioni (articolo 107).
Sul piano tecnico-giuridico, quindi, appare evidente che la progettata riforma dell’ordinamento giudiziario è contraria alle regole o ai principi della costituzione proprio perché è ad essi contrario il risultato della combinazione dei singoli disposti precettiv, tale da far risultare che “gli organi legislativi si sono serviti della legge per una finalità diversa da quella che la norma costituzionale addita”, secondo la formulazione che si legge in Corte cost. sent. 53 del 1974. Il fatto è che la legge deve alla Costituzione non solo un rigoroso rispetto formale, ma anche e soprattutto un rispetto sostanziale e materiale, che va quindi riferito anche al risultato dei meccanismi e delle combinazioni normative e non solo alle singole disposizioni di cui la disciplina si compone.
4. Lo stesso carattere elusivo appare connotare gran parte delle correzioni adottate per “rispondere” ai rilievi del Presidente della Repubblica.
Resta infatti l’illegittima – oltre che del tutto illogica – alterazione del procedimento valutativo del CSM in ordine alle attitudini professionali dei magistrati mediante l’attribuzione ad esso di un compito di mera valutazione del giudizio formulato dalla Scuola. Resta il carattere vincolante per il Consiglio – come tale e per ciò solo assolutamente e palesemente incostituzionale - del giudizio di non idoneità formulato dalla c.d. commissione di concorso. Resta la possibilità per il Ministro di ricorrere al TAR contro le deliberazioni del Consiglio Superiore della Magistratura, quasi che il Ministro, come ha segnalato il Presidente della Repubblica, possa assumere “il ruolo di titolare di un interesse legittimo contrapposto a quello del Consiglio Superiore della Magistratura parificabile a quello del controinteressato che si dolga dell’essere stato escluso”.
5. Il nostro Paese attraversa per molti aspetti un periodo molto difficile. Proprio la gravità del momento deve indurre tutti a recuperare misura ed equilibrio nei rapporti tra le istituzioni. L’avversione nei confronti della magistratura, di cui questo disegno di riforma è espressione, è in sé cosa non degna di uno Stato costituzionale. Ma soprattutto la prudenza deve indurre a non compiere passi idonei a minare il valore e il ruolo che debbono essere riconosciuti alle massime e fondamentali istituzioni di garanzia del nostro ordinamento costituzionale.
L’Assemblea
- da mandato
alla Giunta della Sezione di presentare il documento così approvato all’assemblea dell’ANM del 25 giugno 205;
- invita
tutti i magistrati della cassazione, della Procura Generale e del Massimario a partecipare all’assemblea generale dell’Associazione nazionale magistrati che si terrà nell’Aula Magna della cassazione Cassazione sabato 25 giugno 2005 alle ore 10;
- propone
all’Assemblea Generale dell’A.N.M. di conferire alla Giunta Esecutiva Centrale il più ampio mandato ad individuare e decidere le forme più idonee – compreso lo sciopero – per manifestare alle istituzioni e all’opinione pubblica la continuità e la fermezza del dissenso della magistratura tutta rispetto al disegno di legge sulla riforma dell’ordinamento giudziario.
Roma 23 giugno 2005
Associazione Nazionale Magistrati

Iniziative del 23 – 25 giugno 2005
Ancora una volta, in tema di ordinamento giudiziario, i lavori parlamentari stanno procedendo in modo da impedire di fatto una discussione seria e serena e l’approfondimento di temi delicati che incidono sull'esercizio della giurisdizione e sulle garanzie per i cittadini.
Sul contenuto della riforma, in quattro anni, non si è mai realmente discusso, essendosi proceduto con blindature, maxi-emendamenti, voti di fiducia e contingentamento dei tempi, come in occasione della discussione in Senato, nella quale è stata operata la scelta di costringere il dibattito parlamentare negli angusti limiti di “otto ore di lavori” .
Non sono stati esaminati gli aspetti di incostituzionalità e di ingestibilità segnalati dall’Associazione e dalla cultura giuridica; non si è tenuto conto dei rilievi formulati dal Presidente della Repubblica nel suo messaggio alle Camere; è stato respinto, oltre a quelli presentati dall’opposizione, anche un emendamento che proveniva da esponenti della stessa maggioranza e che rispondeva ad uno dei rilievi del Capo dello Stato.
L’A.N.M.
esprime la fortissima preoccupazione per una così grave rottura degli equilibri costituzionali.
Ribadisce la propria ferma contrarietà ad una pessima legge che, al di là degli intenti chiaramente punitivi dei suoi promotori, non risolve uno solo dei problemi che affliggono la giustizia, nessun beneficio porterà ai cittadini ed anzi provocherà gravissime e immediate disfunzioni nell’organizzazione giudiziaria.
Dichiara di essere pronta ad adottare tutte le forme di protesta e di denunzia consentite dall'ordinamento democratico.
La magistratura italiana farà sentire la propria voce e le proprie ragioni nelle assemblee locali del 23 giugno 2005 e nella manifestazione nazionale del 25 giugno 2005 a Roma, nell’Aula Magna della Corte Suprema di Cassazione, alla quale parteciperanno autorevoli esponenti accademici.
Roma, 22 giugno 2005 La Giunta Esecutiva Centrale
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